Caritas Svizzera chiede più diritti e prospettive per tutte le persone in cerca di protezione
Lo statuto di protezione S permette alle persone in fuga dall’Ucraina di beneficiare di un’accoglienza rapida in Svizzera. Le esperienze dei primi mesi dimostrano tuttavia carenze nella garanzia della sussistenza e nelle misure di integrazione nonché una chiara disparità di trattamento dei profughi. Sono nettamente svantaggiate in particolare le persone ammesse provvisoriamente con lo statuto F. Tali evidenze aiutano a trarre insegnamenti per la politica dei rifugiati del nostro Paese: occorre migliorare le condizioni per le persone ammesse provvisoriamente e le persone con lo statuto di protezione S. Caritas Svizzera chiede l’introduzione di un nuovo e migliorato statuto di protezione con l’obiettivo di abolire l’ammissione provvisoria.
Finora oltre 50 000 persone sono arrivate in Svizzera dall’Ucraina in cerca di rifugio dalla guerra e dalla violenza. Lo statuto di protezione S, applicato per la prima volta, permette un’accoglienza collettiva rapida e non burocratica senza dover percorrere una procedura d’asilo ordinaria. Concede condizioni quadro di cui hanno urgentemente bisogno le persone in cerca di protezione dopo la fuga: possibilità di scegliere un alloggio adeguato per elaborare le situazioni traumatiche; un sostegno finanziario sufficientemente elevato; la possibilità di poter lavorare poco dopo l’arrivo per ripristinare l’indipendenza economica; il diritto a una vita di famiglia e a un rapido accesso alle offerte di formazione e integrazione.
Negli scorsi mesi si sono rilevate differenze considerevoli in particolare rispetto alle persone rifugiate con statuto F, ovvero ammesse provvisoriamente. In Svizzera, i rifugiati con statuto F sono quasi 40 000, di cui la metà vive qui da circa sette anni. Attualmente si tratta soprattutto di persone provenienti dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Eritrea e dalla Somalia. Queste persone non soddisfano i criteri per un riconoscimento giuridico dello statuto di rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra sui rifugiati; in caso di ritorno in patria, però, la loro vita è in grave pericolo. In Svizzera, le persone ammesse provvisoriamente ricevono aiuto sociale, così come i rifugiati con statuto di protezione S. Il legislatore ha volutamente stabilito che l’aiuto sociale destinato a queste persone sia più basso dell’aiuto sociale regolare. Per Caritas Svizzera una situazione del genere è insostenibile, anche alla luce di uno studio condotto nel 2019 da cui è emerso che già i beneficiari dell’aiuto sociale regolare fanno fatica a vivere.
Un nuovo e migliorato statuto di protezione
Nel suo attuale documento di posizione «Tutti i profughi hanno bisogno di diritti e prospettive», Caritas affronta i punti deboli della politica svizzera in materia di asilo che emergono ancora più chiaramente con l’introduzione dello statuto di protezione S. Affinché i profughi possano condurre una vita autonoma dignitosa e in sicurezza, servono vari cambiamenti. Caritas chiede l’introduzione di un nuovo statuto di protezione che sostituisca l’odierna ammissione provvisoria.
Il nuovo statuto di protezione va applicato sia per le procedure ordinarie di asilo sia per l’accoglienza collettiva rapida. Esso riconosce principalmente il bisogno di protezione delle persone in fuga da situazioni di guerra e violenza e concede loro gli stessi diritti dei rifugiati riconosciuti (statuto B). Se dopo due anni non è possibile tornare nel Paese di origine, deve essere rilasciato un permesso di soggiorno B. Questo deve valere anche per i profughi ucraini con statuto di protezione S. Per questi ultimi va inoltre aumentata la somma forfettaria a favore dell’integrazione versata una tantum dalla Confederazione ai Cantoni, che deve essere fissata ad almeno 18 000 franchi per tutti i profughi.
Caritas chiede inoltre che nel nuovo statuto di protezione venga armonizzato il calcolo dell’aiuto sociale, adeguandolo alle direttive sulla garanzia della sussistenza della COSAS. Secondo Caritas, per facilitare l’integrazione dei profughi bisogna mettere a disposizione forme abitative adatte che permettano la salvaguardia della sfera privata, deve essere concesso il diritto alla vita familiare e va ripristinata la possibilità di mobilità, almeno all’interno dello spazio Schengen.
Immagine principale: © Georg Hofer